Soft Power. La diplomazia, il potere del dialogo, la reputazione sono risorse fondamentali. È il cammino in cui crede Riyadh che si apre alla società con Expo 2030, i Campionati mondiali di calcio nel 2034 e gli investimenti nella cultura.
Il successo della sesta Conferenza internazionale del Soft Power Club – tenutasi a Napoli il 26 e il 27 maggio scorsi nei Centri Congressi delle Università Federico II e l’Orientale – ha confermato che esiste uno spazio importante da coltivare per gli strumenti della Reputazione e della Persuasione, proprio in questa stagione di tremende contrapposizioni. Lo testimoniano le iniziative di alcuni Paesi del Golfo, e in particolare dell’Arabia Saudita; lo vediamo con lo sviluppo di colloqui negoziali sulle crisi e i conflitti aperti e con una serie impressionante di investimenti, sia negli Eventi internazionali, che nell’Arte. In parallelo, ad una graduale e significativa apertura nella società, Riyadh si è aggiudicata tra l’altro la nuova Expo 2030 e i Campionati mondiali di calcio del 2034. Ha dato il via a un quadro sistematico di investimenti per la Cultura (per il programma Riyadh Art, come per l’apertura di decine di Musei) che non ha eguali a livello internazionale.
Sono onorato di essere stato chiamato alla guida del progetto di Proger Art & Culture, come Chairman della Business Unit. È un’idea in cui credo profondamente, anche per le mie esperienze di sindaco di Roma, Ministro della Cultura e, oggi, fondatore e presidente del Soft Power Club. Da italiani, ci misuriamo con la bellezza, le stratificazioni e le criticità di città e patrimoni artistici, architettonici, archeologici, monumentali e paesaggistici più importanti del mondo. Sviluppando anche in Saudi soluzioni innovative possiamo creare modelli di riferimento globali e costruire un dialogo concreto con le istituzioni di Paesi che sono e saranno nuovi protagonisti sulla scena mondiale, e che vedono nella cultura una forte risposta alle sfide più difficili. Con la crescita culturale possiamo contribuire allo sviluppo sostenibile e all’inclusione sociale. Insieme a Proger, una delle migliori società internazionali di Ingegneria, possiamo sviluppare una visione che integra innovazione, fruizione dell’arte nei Musei e nei luoghi pubblici, innovazioni digitali e creative. Riyadh Art ha obiettivi geopolitici: per decenni, l’Arabia Saudita è stata associata a restrizioni culturali e a un modello economico incentrato sul petrolio; trasformare questa percezione, mostrando al mondo un’immagine di progresso e modernità, è un esempio innovativo di Soft Power; dall’ottobre 2024 gli eventi culturali a Riyadh hanno portato oltre 20 milioni di visitatori.
La recente scomparsa dell’“inventore” del Soft Power, Joe Nye – che ha sempre partecipato alle iniziative del nostro Club – ha ricevuto uno speciale tributo, in queste settimane, proprio da questa crescita di consapevolezza: decine di interventi e analisi sui media internazionali hanno sottolineato la crescita di impegni, in varie regioni del mondo, per le diverse espressioni e nuove definizioni di questo esercizio. Come ha scritto Nye, «non esiste un governo mondiale, ma ci sono molti contratti sociali che assicurano un certo livello di governo globale». Il Soft Power non è una disciplina di buoni sentimenti inutili. Non è alternativo alla necessità degli strumenti della sicurezza e della forza, a fronte di aggressioni e violenze internazionali. È sempre più integrato con gli interessi economici e strategici di ciascuna Nazione, come dimostra, tra l’altro, il Soft Power Index realizzato dal Fondo Monetario Internazionale. E propone e richiede una molto maggiore efficienza degli organismi ed efficacia degli accordi nelle sedi multilaterali. «Il Sole 24 Ore» ha dedicato attenzione alla nostra ultima Conferenza (martedì 27 maggio, pag 18), che ha ricevuto straordinari contributi: dalla Medaglia del Presidente della Repubblica, agli interventi del Primo Ministro francese François Bayrou, del Sindaco e Presidente Anci Gaetano Manfredi, dei Ministri della cultura, Alessandro Giuli, e delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso; il confronto tra leader culturali euro mediterranei; fino all’inedito, prezioso dialogo tra il Principe di Giordania El Hassan Bin Talal, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme, il Presidente della Biennale di Venezia Pietrangelo Buttafuoco, il Rettore dell’Orientale Roberto Tottoli e il Rabbino Benedetto Carucci Viterbi. Le autorità locali hanno proposto di lanciare una prossima Conferenza sul “Soft Power delle Città”. Con il Direttore della Biennale di Architettura, Carlo Ratti, abbiamo deciso di proporre una forte e pragmatica iniziativa sull’Adattamento ai cambiamenti Climatici, indispensabile per le nostre città e territori, oltre che per il Patrimonio culturale universale, e fattore di crescita industriale e dell’occupazione, oltre che di prevenzione e resilienza rispetto ai fenomeni estremi. È emerso con chiarezza nella nostra Conferenza che chi scelga di rinunciare alle armi della competizione e collaborazione nei settori della Cultura, della diplomazia culturale, delle industrie culturali e creative si priva di strumenti indispensabili nel quadro globale, per i propri stessi interessi nazionali. Era ovvio nella stagione della globalizzazione trionfante; ma lo è persino di più in un’epoca in cui l’attrazione di investimenti non può prescindere dalle condizioni in cui una nazione cerca di rendersi attrattiva per i flussi turistici internazionali, per la certezza delle regole e delle sue istituzioni nell’incoraggiare/ scoraggiare investitori esteri, per le connettività nei trasporti, le reti digitali, il commercio.
Certo, c’è un’alternativa alle varie espressioni del Soft Power, che non va sottovalutata: la disinformazione tossica, l’utilizzo falsificante degli algoritmi. Ma nessuna falsa propaganda è eterna. E noi ricordiamo cos’è già avvenuto, ad esempio, due millenni fa per la Roma Imperiale: sono decisivi gli eserciti, sono indispensabili infrastrutture e logistica, e anche la propaganda. Ma la forza di offrire modelli di pluralismo – anche religioso – e ricchezza civile, culturale ed economica ha fatto, e tuttora fa la differenza. Il Regno Unito ha insediato un autorevolissimo Soft Power Group, in cui sono presenti le massime istituzioni e i più forti soggetti privati, chiamati ad accrescere il “Nation Brand”. L’Italia, leader internazionale per la Cultura e la qualità del vivere, come l’Europa – nata in modo visionario sulle macerie dei disastri bellici – sono chiamate a vivere questa stagione storica senza rinunciare ai loro asset più amati e riconosciuti nel mondo. Che varranno e peseranno ancor più nei sistemi delle relazioni di domani.
Oggi nel mondo si combattono 56 conflitti armati. È il numero più alto registrato dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Nell’anno appena trascorso, le vittime sono state almeno 233mila e oltre 100 milioni di esseri umani sono stati costretti a fuggire dalle loro case ed emigrare in cerca di pace. Alle immagini di sangue siamo tristemente abituati e, oramai, possiamo solo dividerci in tifoserie pregiudiziali. Eppure, un modo diverso per spiegare le proprie motivazioni, per cercare le ragioni di una convivenza produttiva in luogo dell’hard power delle bombe o di una finanza che strangola, esiste. Il soft power.
La forza della persuasione che deriva da quel motore immobile di attrazione che è la forza, dolce, delle idee. Degli ideali, dei valori. Dell’arte come massima espressione di quel sentire. A ben guardare, nessun esercito al mondo è stato in grado di andare contro i valori di un popolo. Paradossalmente, nemmeno la bomba atomica è riuscita ad imporre ad una comunità una cultura. La conoscenza, invece, lo ha fatto. Dall’Impero Romano al Rinascimento italiano, dalla riforma protestante alle scoperte geografiche, è stato l’affermarsi delle idee a marcare le epoche storiche. I pensieri che, come insegna il Talmud, diventano parole. Che diventano azioni, poi abitudini, poi carattere. Che diventa il nostro destino. I nostri pensieri descrivono quello che saremo. Con queste ambiziose idee Proger ha affrontato il suo salto nell’iperspazio. Passare dall’essere la prima società italiana di ingegneria per fatturato, ad essere la prima che investe nel potere dolce della cultura e dell’arte, non più separate dal concreto disegno esecutivo, da qui la nascita di una nuova divisione dedicata all’Art & Culture. Un’idea che si fa azione. Un sistema di valori che si fa progetto. Una società di ingegneria che si fa strumento della cultura della comunità in cui opera. Cerchiamo di farlo e di dirlo senza troppa enfasi e non indulgendo alla retorica, che è dietro l’angolo, ma è quello che ci ha animato nell’esecuzione dell’idea del Crown Prince Mohammad Bin Salman dell’Arabia Saudita.
È lui che ha scelto di rendere azioni le idee e trasformare la sua gente, così fortemente legata a tradizioni non condivisibili per la nostra sensibilità, in un Paese che galoppa verso una modernità di costruzione e bellezza, passando per la scoperta dei diritti che sono patrimonio della nazione umana. Proger ha scoperto la dimensione della parola che si fa azione, del pensiero che si fa “cosa”, per contribuire almeno un po’, con umiltà e con determinazione, all’evoluzione di un popolo. Cicerone diceva che «la forza bruta è il diritto delle bestie». La forza della persuasione e della condivisione, della bellezza e del progresso, è quella delle donne e degli uomini che escono dalla caverna.